ENNIO FLAIANO SU “CHE COSA STIAMO DICENDO?”
L’Europeo, Anno XXIII, n. 8, 23 febbraio 1967. Una splendida commedia dai fumetti di Feiffer. Per non divorziare, aboliamo il matrimonio.
DI ENNIO FLAIANO

Una delle cause principali del divorzio è il matrimonio. Dietro ogni uomo o donna normale c’è un coniuge che si domanda che cos’è che non va.

“Caro (cara), se ti sposo, con chi andrò poi la sera?” Queste e altre sentenze le troverete in blocchi di memorandum in ogni cartoleria americana. Servono per prendere appunti, spargere la buona novella, far sorridere un amico. La polemica matrimoniale o del rapporto tra i due sessi è scesa al livello degli articoli di cancelleria, si tinge di quell’umorismo che rivela uno stato più ansioso che divertente, proprio perché offre la soluzione liberatrice ed economica, quindi molto richiesta. La psicanalisi, spiegata nel modo più spiccio e usata come un lassativo, fa il resto. Diceva il mio amico Tom Wick: la psicanalisi è una pseudoscienza inventata da un ebreo per insegnare ai protestanti a comportarsi come i cattolici.
Poi vennero i club Playboy, l’ultimo tentativo americano di ritrovare il paradiso perduto, un tentativo fallito per la piega severa e commerciale che subito prese.
Ho visto soci entrare in questi regni del Sesso e consumare cupamente una cena economica assieme alla propria moglie, o alla date-girl, la ragazza dell’appuntamento. E poi bruciare il granello d’incenso alla società del Consumo Ostinato, comprando spille, portaceneri, bicchieri, cravatte, e piatti dei club. E code di coniglio da appendere in casa come trofeo, che si dovrebbero supporre strappate con astuzia al didietro delle cameriere, le quali infatti se ne adornano, ma che nessuno oserebbe toccare. Li ho visti partire con immagini nude e calendari, esattamente come da un santuario, dal quale non si torna senza un oggetto di devozione. Ho visto soci messi nel bar come in un deposito, nella luce soffusa, nella musica soffusa, in un silenzio pieno di delusione. Decine e decine di Bernard Mergendeiler, il complessato eroe dei fumetti di Jules Feiffer, quel Bernard le di cui Unexpurgated Memoirs appaiono proprio sulla rivista Playboy. Ora Bernard è l’uomo medio abbastanza debole e insicuro, con medie ambizioni di successo e con la speranza di realizzarsi almeno sessualmente, di essere non solo amato dalle donne ma di suscitare passioni per poterle poi rifiutare con fastidio. Il suo vero problema comincia il venerdì sera all’inizio del week-end, ed è un problema di pigrizia, di indecisione e di affermazione dell’Io. Non è quasi mai solo, con lui c’è Naomi, in veste di moglie o di eventuale preda o di fidanzata.
Poiché tutti e due la sanno lunga, nel breve lampo della loro avventura tentano di sopraffarsi con un linguaggio psicovolgarizzato.
Che diventa comico proprio perché sappiamo che questa finzione li unisce e li giustifica su un piano pseudointellettuale, fuori del quale non saprebbero più vivere. Superate le vecchie forme canoniche dei contrasti coniugali, che si basano sull’ignoranza delle cause remote, nel momento stesso del contrasto essi se ne offrono la spiegazione più corrente e orecchiabile. Si brutalizzano di spiegazioni, si stordiscono di formule. Se Naomi si scusa ipocritamente di una sua frase offensiva, Bernard invece di sghignazzare replica freddamente che quelle scuse sono castratrici, che egli può riconoscere un tentativo di castrazione a un miglio di distanza. I loro insuccessi erotici sono messi in conto ai reciproci tentativi di castrazione. Nelle loro menti, ad esempio, vive la certezza che non c’è nulla di sbagliato nell’atto sessuale in sé, il quale se giustamente amministrato può risultare bellissimo.
Ma come produrlo, se si ostinano a considerarlo nobile e pulito?
Ragionandoci sopra, arrivano alla conclusione che l’unico modo di utilizzarlo è sporco e soltanto allora, filosoficamente convinti, si decidono a compierlo con sospettosa riluttanza. E la settimana dopo sono daccapo, con un altro aspetto del problema. Prodotti della cultura di massa, di una vasta informazione, Bernard e Naomi (ma spesso cambiano nomi, pur tenendo fermi i loro caratteri) hanno riempito con le loro piccole avventure almeno cinque volumi di Feiffer. Se la satira che scaturisce dai loro contrasti resta sempre viva e non sembra condizionabile né preludere mai al lieto fine, questo si deve a una qualità proprio teatrale di Feiffer: il gusto, la capacità di un dialogo sempre essenziale e, per le cause stesse che lo muovono, moderno.
La riprova di questa qualità teatrale di Feiffer si è avuta a Roma, dove due attori, in un cabaret recentemente aperto in Trastevere, il Setteperotto, recitano una serie di dialoghi sui rapporti erotici e sentimentali dei suoi eroi integrati.
Ne è venuta fuori una commedia libera, a successivi incastri, affascinante per la pertinenza continua, ossessiva dell’argomento, per la nessuna dissipazione narrativa. Niente insomma va sprecato. Aboliti tempo e luogo, resta l’unità d’azione, il continuo dilaniarsi di due psicologie in pena a giustificare le rotture, i salti, lo stesso mutamento dei personaggi. Una commedia sgradevole, avrebbe detto Shaw, che mi sembra sia stato il primo (in Never can tell) a mettere in bocca a due innamorati convenzionali un linguaggio volutamente scientifico per i loro corteggiamenti: ciò che infatti essi ritenevano disdicevole se espresso nel comune lirismo degli amanti, diveniva accettabile nella terminologia del biologo. Sgradevole perché spinge lo spettatore a delle identità poco rassicuranti, ma per il resto abbastanza piacevole e lunga non più di un’ora. Gran merito in un tempo in cui chissà perché tutte le commedie sembrano troppo lunghe. La ragione è che forse noi siamo diventati più corti.
Questa commedia, tratta dai disegni di Feiffer, la dobbiamo dunque a due attori, Cristiano Censi e Isabella Del Bianco.
Il loro merito principale è di averle conservato quell’aria di fumetto nervoso e cattivo, passando quasi senza soluzione da una serata in una sala da ballo a un cinema, da un divano a un letto, dove sempre il tema dell’eccessiva comunicabilità degli amanti è trattato da Feiffer con desolata eleganza.
Insomma questi due attori ci hanno mostrato come il teatro a volte lo si possa trovare dove meno si pensa che sia; e direi allo stato puro di contrasto, di lotta inutile, di ritratto di una società che ormai preferisce parlare delle cose piuttosto che farle, che ama infine più il problema che la soluzione del problema.
Ennio Flaiano
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